Premetto che anagraficamente non sarei esattamente una boomer, sono vecchia ma non così vecchia, però ogni tanto mi sento certamente di un’altra epoca. Sarà che ho tre ragazzi adolescenti che girano per casa (con i loro racconti eccitati, le loro splendide riflessioni, la loro voglia di fare la differenza, ognuno a modo suo), sarà che ho sbagliato molto nella vita (e ho capito solo molto tardi chi volevo essere), sarà che ho dovuto lavorare moltissimo su di me (per accettare quella che volevo diventare e perdonarmi per non averci creduto abbastanza al momento giusto)… ma io i ragazzi di oggi li vorrei proprio abbracciare forte.
Questi ragazzi che hanno vissuto in casa una bella fetta della loro adolescenza, questi ragazzi così liberi che a volte sembrano leoni e così fragili a volte che sembrano animaletti di vetro di murano. Ricordo che da bambina li adoravo, in bella vista sul comò di una vecchia zia, ma guardandoli mi prendeva una sensazione forte di disagio per la paura di romperli. Come se la sola attenzione, il solo sguardo, potesse infrangerli… E ora la vecchia zia mi sento io con queste considerazioni generazionali senza pretese, piene di affetto, di domande e di stupore.
La generazione flat: dalla musica, al telefono… al sesso?
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Ragazzi, dicevamo… ragazzi che dicono la loro, che scendono in piazza, che soffrono di attacchi di panico molto più di noi, ma anche ragazzi che in fondo hanno poco da chiedere, perché il mondo di oggi lascia pochi desideri accesi. Sono la generazione per cui le distanze non esistono, la generazione che tiene il mondo nel palmo della propria mano. Letteralmente. Noi giocavamo alla Play (per non dire col Commodore) con i nostri amici sul divano, loro possono giocare con una persona dall’altro capo della terra, seduti su poltrone futuristiche, con mouse e tastiere in technicolor. Soli però, nella loro camera. Noi risparmiavamo per comprare i CD, loro con un costo irrisorio accedono ogni mese a tutta la musica sul mercato (poi però comprano i vinili…). Noi ricevevamo infinite ramanzine quando arrivava la bolletta del telefono, loro ormai non chiamano neanche più, videochiamano, mandano vocali, messaggiano chiunque dei loro amici, a qualunque ora. A tariffa flat. Ecco… una vita a tariffa flat la loro. Tutto compreso.
Non penso che la loro vita sia più semplice, sia chiaro, non lo penso affatto. Penso che ogni generazione abbia caratteristiche diverse che ne determinano il sentire. Questo sì. La loro vita è apparentemente facile? In fondo lo è stata anche la nostra. E una vita facile non è detto che sia una vita migliore, non è detto che sia una vita più felice soprattutto, anzi.
Giovani: energia, evoluzione, vita
I giovani riescono sempre a tenere attivi i miei pensieri, questo è un altro dei motivi per cui li amo. Tra le cose davvero belle di essere genitore, c’è avere sempre qualcuno vicino che mette in discussione ciò che sei, qualcuno che ti lancia nel futuro, che ogni giorno fa tremare gli schemi con cui interpreti il mondo. In fondo anche per questo un figlio ti rende immortale e non c’è bisogno che sia figlio tuo… i giovani sono dappertutto. Ho sempre pensato che le persone migliori siano quelle che non hanno paura dei giovani e del cambiamento, perché è nel cambiamento che c’è evoluzione, che c’è vita. Le persone che hanno cambiato il mondo sono sempre state circondate da giovani… non credo sia un caso.
Mi ha sempre attirato ciò che di istinto non capisco, il futuro molto più del passato appunto. Tik Tok ad esempio… non lo capisco, ma trovo che sia un’espressione perfetta ci ciò che i ragazzi sono oggi. Ho detto ragazzi… dopo i 30 anni su Tik Tok ci possono stare in pochissimi senza essere ridicoli (IMHO)! Mi piace l’energia incontenibile, le infinite possibilità che la gioventù porta con sé. Avere mille direzioni in cui andare e pensare ancora che la strada sarà una linea retta in pianura. E invece no… siamo personaggi strappati dalla vita in malo modo lungo i bordi… troviamo ostacoli, cambiamo, facciamo cose che non avremo mai pensato di fare… ma questo loro ancora non lo sanno e non sanno che sarà proprio questo a dare un senso al loro viaggio.
Come e quando sono cambiati i giovani?
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Ricordo la prima volta, ormai 20 anni fa, in cui vidi uno dei miei ragazzi degli Scout sistemarsi le sopracciglia con le pinzette. Dopo la giornata passata a camminare, avevamo fatto la doccia e stavamo riposando sparpagliati su un prato. Lui aveva circa 17 anni, io una decina in più. Ricordo che pensai due cose:
“Io mi dimentico anche di dover esser presentabile quando sono via con gli Scout, lui si fa pure le sopracciglia.”
“È un ragazzo e si sta sistemando le sopracciglia, qualcosa è cambiato”
Qualcosa iniziava a cambiare infatti, certamente, in piccoli semplici gesti. Perché le rivoluzioni sono terremoti anticipati da piccole scosse, i boati arrivano sempre da lontano come rumori soffusi. E da quel giorno di strada se ne è fatta tanta, soprattutto i giovani ne hanno fatto tanta.
Qualche giorno fa mi ritrovo ad intercettare la pubblicità dei Levi’s 501. Per me quei jeans sono ancora Nick Kamen, t-shirt bianca e chiodo nero, lui che guarda in camera con lo sguardo “fecondativo” da finto cattivo ragazzo. Uno che se lo avessi presentato a tua madre, le sarebbe piaciuto almeno quanto piaceva a te. Intercetto la pubblicità e ora i 501 li indossa Kid Cudi (ovvio che ho dovuto cercare chi fosse), capelli colorati, maglioncino rosa da donna aperto, petto nudo, collana d’oro, posa languida, non fecondativa, languida. Adoro la capacità di sintesi dei pubblicitari, quella foto mi è sembrata una sintesi perfetta del mondo in cui viviamo ora. Della differenza col mondo in cui vivevamo prima. Poi mi sono incuriosita e ho scoperto che lo scatto fa parte di una rivisitazione del modello storico della Levis’s indossato da alcune icone del nostro tempo. Come a dire i Levi’s vanno ancora bene, e vanno bene per tutti: uomini, donne, transgender, grassi, magri, giovani, vecchi, alti, bianchi, neri, asiatici…. Erano scatti che dicevano più o meno queste cose qua. Però le dicevano bene.
Perché oggi i ragazzi sono “gender fluid”?
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Ecco… il motivo per cui ho iniziato a scrivere questo articolo è proprio questo. Che un giorno ho realizzato, prima di vedere la pubblicità dei Levi’s e a seguito di una delle tante chiacchierate sul tema dell’identità sessuale coi miei figli, che oggi i ragazzi sono “gender fluid” e contemporaneamente hanno un bisogno fottuto di riconoscersi in un gruppo. Sono gender fluid perché sono liberi, anche quelli che non si sentono liberi perché costretti in schemi da famiglie e contesti sociali, dentro lo sono. Arrendetevi, i giovani dentro sono liberi. In un modo che per noi è quasi incomprensibile.
L’identità sessuale per la mia generazione era uno schema piuttosto semplice e dannatamente rigido. Tanto rigido che chiunque era obbligato a riconoscersi nell’identità femminile o maschile, a meno di non voler essere “diverso”. Diciamo che non c’era un piano B, un piano B che invece oggi i ragazzi tra di loro considerano scontato. Anzi a pensarci bene non è neanche un piano B. Questa cosa che si possa uscire dallo schema uomo donna, con tutte i vincoli e le accezioni che porta con sé, per me è potente, davvero potente. Spazza via in un attimo un sacco di odio con cui noi abbiamo dovuto fare i conti. Essere come ci si sente di essere. Non solo dal punto di vista sessuale, l’identità sessuale forse è semplicemente l’emblema della nostra identità tout court. Chissà se siamo pronti…
Una donna può tenere i capelli bianchi, fare lavori “da uomo”, essere grassa, rifiutare i fischi per strada… un uomo può mettersi lo smalto o portare la borsa, può essere felice di accudire il figlio… Sembrano dettagli, in fondo lo sono, ma credo che la libertà di riconoscersi parta da qui, dall’abbattere le barriere tra ciò che è da donna e ciò che è da uomo. Capiamoci… io non credo che per una donna etero della mia età sia facile essere attratta da un uomo truccato (rock star a parte!), ma trovo naturale che una delle mie figlie possa esserlo. Mio figlio mi aiuta in casa più di mia figlia e questo non mette minimamente in crisi il suo sentirsi uomo. Può dire “A me lo smalto non piace, ma non trovo strano che un ragazzo possa portarlo, anzi al mio compagno che lo mette sta proprio bene!”. Evviva! Se ci pensate noi non siamo abituati a pensarci con questa libertà, ma pensate che bellezza, no? La vedo solo io?
La cosa che mi fa molto sorridere è che in questa libertà e assenza di confini identitari, siano proliferate per paradosso le identità. Ammetto che ho dovuto fare un corso accellerato per poter almeno comprendere le definizioni che mi venivano snoccialate durante i pasti. Chi si riconosce nel sesso di nascita, chi si riconosce nel sesso opposto e si sente nato nel corpo sbagliato, chi non si riconosce affatto nella dualità uomo e donna… E da qui chi ama il sesso opposto, chi ama lo stesso sesso, chi li ama entrambi, chi si definisce asessuato, chi… l’identità sessuale e l’orientamento sessuale hanno un numero infinito di forme che, come la bandiera arcobaleno dimostra, sembrano arricchirsi continuamente. Chissà se siamo pronti…
Identità sessuale: c’è davvero bisogno di tutte queste definizioni e di rivendicarle ad una ad una?
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Clik here to view.Non ho una risposta assoluta, ovviamente, ma credo che finché non diventerà davvero normale ogni forma di identità sessuale e ogni forma di orientamento sessuale… o finché non verrà normalizzata ogni forma di identità nel senso più ampio del termine… sì, dobbiamo accettare ogni rivendicazione e non solo, dobbiamo sostenerla, anche se non la capiamo fino in fondo. Se ci pensate i giovani stanno semplicemente dando un nome a sentimenti che prima non si potevano nominare.
Sono una donna, madre, occidentale, bianca, etero… grazie ai giovani mi sono resa conto dei privilegi della mia condizione e della mia identità. Posso baciare il mio compagno ovunque, posso fare liberamente apprezzamenti su qualcuno, vengo riconosciuta rassicurante e degna di fiducia solo per ciò che sono. La mia identità coincide con gli schemi con cui la nostra società interpreta ancora il mondo. E proprio perché il mondo non va alla velocità dei nostri giovani, non ci va la scuola, tantomeno le istituzioni, oggi è più che mai importante che noi adulti, noi genitori, noi “grandi” sosteniamo questa libertà, anche se è acerba, anche se è imperfetta.
La libertà di dire “io sono io”, di qualunque io si tratti. E di sentirsi amati sempre. In fondo ognuno di noi ha desiderato almeno una volta di essere amato immensamente solo ed esclusivamente per ciò che è… o sbaglio?
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